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Gioacchino Greco
La vita
Gioacchino Greco è stato un grande giocatore di scacchi del XVII° secolo; era detto il Calabrese perchè nacque a Celico, provincia di
Copia del "Trattato sugli scacchi".
Cosenza, in Calabria. I genitori furono probabilmente popolani, poiché alcuni suoi MSS, ritenuti autografi, sono scritti in pessimo italiano.
Nel primo ventennio del 1600 lo si trova a Roma dove riusciva a campare con i proventi del gioco, protetto da alti prelati il cardinale Savelli, mons. Corsino della casa Minutoli Tegrini, mons. Francesco Buoncompagni. A questi suoi protettori dedicò alcune copie manoscritte di un trattato scacchistico, una delle quali trovasi ancora nella biblioteca Corsiniana in Roma con il titolo di "Trattato del nobilissimo gioco de scacchi ", datata L'Anno MDCXX.
Nel 1621 si recò a Nancy alla corte del duca Enrico di Lorena, al quale dedicò (il 5 luglio) una splendida copia, riccamente miniata, del suo trattato: "Trattato sugli scacchi", Gioacchino Greco detto il Calabrese MDCXIX. Questo codice menbranaceo trovasi nella Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Il trattato fu molto bene accetto dal duca, che ne fece fare una traduzione in francese da Guillaume Polydore Ancel, trascritta in uno splendido codice membranaceo miniato in possesso della Biblioteca di Dresda fin dal 1764.
Da Nancy si portò a Parigi, dove si batté con il duca di Nemours, il sig. Arnault le Carabin, e il sig. Chaumont de la Salle. Riuscì a guadagnare molto danaro ma ebbe poi l'infelice ispirazione di recarsi in Inghilterra, dando modo ai briganti di rubargli 5.000 scudi durante il viaggio, A Londra si rifece in parte, giocando Nicholas Mount Stephen e Sir Francis Godolphin, ai quali dedica altre copie del suo trattato. Nel 1624 era già di ritorno a Parigi, dove trascrisse altre copie del suo trattato, talvolta affidando a copisti il titolo e una parte del testo completandolo poi di suo pugno. Passò poi in Spagna dove giocò alla corte di Filippo IV con don Mariano Morano.
Tornato in Italia, a Napoli si lasciò indurre ad accompagnare un gentiluomo spagnolo nelle Indie Orientali, dove morì prima del 1634, lasciando tutti i suoi beni ai gesuiti.
Il suo trattato, del quale circolavano molte copie manoscritte, fu stampato per la prima volta in inglese nel 1656 da F. Beale; apparve poi una traduzione francese del 1669 dedicata da N. Pepinguè a Louvois, ministro di Luigi XIV dal 1666. Questa traduzione fu ristampata nel 1689 ed ebbe molto successo, tanto che non solo se ne fecero numerose edizioni ma fu spesso trasfusa per intero in molte Accadémies des ieux.
L'irnportanza del Greco non risiede nella correttezza degli impianti di gioco, ma nella genialità delle mosse e nella abbondanza di tranelli il che, come osservò il Ponziani, "è estremamente utile per eccitare l'immaginazione".



I testi sono tratti da: Antonio Maria Adorisio, "I miracoli dell'Abate"
Vecchiarelli, Roma 1993

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