Gioacchino
da Fiore
I Miracoli |
Un
cieco recupera la vista sul sepolcro dell'uomo di
Dio.
|
Il
Signore misericordioso e compassionevole, creatore
di tutte le luci, che illumina ogni uomo che viene
a questo mondo, che ama tutto ciò che ha creato,
si degnò di restituire la vista ad uno quasi cieco
per i meriti del suo servo Gioacchino da quello
invocato; e lo fece in questo modo.
Nel monastero di Fiore c'era un monaco di santa
e buona fama di nome Giovanni. Costui mentre godeva
di ottima salute, una sera, all'improvviso colto
da un grande dolore, perse la luce degli occhi.
Giacendo, quindi, nei giorni seguenti a letto tra
pianti e gemiti era tormentato dal dolore e dalla
cecità, finchè il quarto giorno il dolore diventò
intollerabile; per tal motivo vennero a trovarli
i confratelli e il priore, che, accingendosi ad
allontanarsi dal chiostro per alcune necessità del
monastero, esortava il confratello malato a soffrire
pazientemente sull'esempio di Tobia e di Giobbe.
Ma, allontanatisi quelli, il malato esclamò:
" Mi ritorna ora in mente il santo e venerabile
padre nosto Gioacchino, dove l'ho visto nel luogo
ove piamente e devotamente è venerato in occasione
della traslazione del suo corpo da noi solennemente
celebrata".
Ciò detto, poichè ancora non era rimasto privo di
forze fisiche, ben conoscendo i luoghi, si diresse
a tentoni con grande devozione alla cappella del
sepolcro del santissimo Padre, dove pure giunse
quasi guidato dal cielo, e quivi, prostrato sul
pavimento, andò palpeggiando con le mani per toccare
il sepolcro, nel quale, dopo averlo trovato, sarebbe
ad ogni costo entrato se avesse potuto. Attaccato
finalmente a quello, pervaso di pentimento e grande
devozione, struggendosi di umiltà nel cuore, si
sciolse nel pianto in una copiosa pioggia di lacrime,
come il ghiaccio avvicinato al sole e la cera al
fuoco. In quel mentre dentro il pesantissimo sarcofago
percepì un movimento, come se qualcuno si girasse
da un lato all'altro; assorto, quindi, in queste
cose, lì per lì fu colto dal sonno, e, infine, gli
sembrò come se un amico parlasse all'amico. Svegliato
da ultimo per il troppo dolore, reclinò il capo
sul sepolcro, ed ecco immediatamente sentì gfluire
dai suoi occhi un liquido caldo in grande quantità,
e non appena quell'umore cesso di defluire dagli
occhi, cessarono anche del tutto la cecità e il
dolore.
Restituito alla sua antica salute, mentre che visse,
raccontò sempre ogni cosa. Ai curiosi che lo incitavano
a raccontare tale narrazione soleva dire:
"Non so quel che Dio solo sa. Questo solamente so:
che, essendo cieco, versando lacrime ed acqua sul
sepolcro del suo servo di Dio Gioacchino, ho ritrovato
la vista".
I
testi sono tratti da: |
"Gioacchino Abate di Fiore" |
|
Centro Internazionale di Studi Gioachimiti,
Edizioni Pubblisfera 1998. |
|
|
|